The Path of Light. Ritual Music of the Tibetan Bon

La tradizione musicale liturgica del Bon

Nella cultura religiosa bonpo la recitazione di testi liturgici - quasi sempre accompagnata o intercalata da musica strumentale - costituisce il pilastro fondamentale su cui si fonda la pratica rituale monastica.

La recitazione segue di norma tre differenti moduli: la forma recto-tono priva di intonazioni specifiche (sar-’don), quella che prevede la formula d’intonazione (ke) e quella, infine, che implica l’impiego del canto (gyer).

Per quanto attiene la dimensione propriamente strumentale, la tradizione bonpo conosce una serie di strumenti musicali – la maggior parte dei quali presenti anche nella corrispettiva ritualità buddhista – suddivisibili secondo tre generali categorie: idiofoni (trol wa), strumenti a percussione (drung wa) e strumenti a fiato (büd pa).

All’interno della prima classe di strumenti spicca in primo luogo lo shang, la campana piatta caratteristica della liturgia bonpo, che ha un impiego analogo a quello del dril wu, la piccola campana diffusa nella ritualità buddhista. Alla stessa categoria di strumenti appartengono inoltre i gong rituali sospesi, meglio noti con il nome di khar nga.

Per quanto concerne la seconda classe, assimilabile in gran parte a quella dei membranofoni, nella musica cerimoniale bonpo larga diffusione ha il grande tamburo a due facce, conosciuto come chö nga o “tamburo per le offerte”, sospeso ad una cornice lignea e suonato grazie ad un percussore ricurvo flessibile. Tra i membranofoni un posto di riguardo è riservato al damaru, il tamburo a clessidra costituito tradizionalmente da due calotte craniche umane unite tra loro (thö nga). A questo riguardo, la tradizione religiosa tibetana prescrive che i crani impiegati per la costruzione di questo strumento musicale siano appartenuti ad adolescenti, rispettivamente, di sesso maschile e femminile: il suono prodotto dallo strumento rappresenterebbe pertanto, a livello simbolico, l’unione di “metodo” e “saggezza”. Non è tuttavia raro che il damaru realizzato con crani umani sia sostituito da quello, ben più diffuso, fabbricato in legno. In entrambi i casi questo strumento ha un ruolo di spicco nell’ambito rituale propriamente tantrico dove assolve alla funzione di strumento musicale destinato all’evocazione di specifiche entità invisibili, appartenenti al pantheon delle entità irate.

Nella categoria degli strumenti a percussione si trovano infine i grandi cimbali metallici rol-mo (o bug chal), impiegati soprattutto nei rituali in cui sono coinvolte entità invisibili dalla natura terrifica ed irata.

Nel campo degli aerofoni, la tradizione liturgica bonpo annovera una serie di strumenti che, di norma, sono cerimonialmente impiegati in coppia. Primi tra tutti spiccano le trombe metalliche telescopiche, conosciute come dung chen, le quali hanno un ruolo centrale soprattutto in occasione delle processioni religiose. Alla stessa categoria appartengono le trombe a doppia ancia, gya ling, costituite da un corpo in legno con sette fori equidistanti, bocchino metallico e un’ampia campana metallica. L’uso rituale di questo specifico strumento è generalmente vincolato all’impiego della tecnica della respirazione circolare. Differenti, per quanto riguarda la foggia e le modalità di produzione del suono, sono le trombe metalliche ricurve, dette ko yo, che rivestono anch’esse un ruolo non trascurabile nella pratica liturgica monastica. Nell’ambito degli aerofoni, un posto di tutto riguardo spetta poi alle trombe ricavate da femore umano (kang ling) impiegate, analogamente a quanto accade per il damaru, in specifici rituali di evocazione connessi con la ritualità tantrica. Si ritiene infatti che questo strumento abbia il singolare potere di compiacere le divinità irate e, al contrario, di ispirare terrore a tutti gli esseri demoniaci. Questo stesso strumento ha un suo specifico impiego nei rituali di tipo magico officiati dai nagpa tibetani, nei quali la tromba di femore è utilizzata nel corso di esorcismi e di rituali destinati a controllare eventi atmosferici o scongiurare infestazioni epidemiche.

Di ben diverso carattere sono infine le conchiglie (dung kar) utilizzate soprattutto in apertura a diversi rituali e la cui presenza rimanda, tra l’altro, all’antico simbolo di origine indiana della conchiglia, emblema di vittoria e attributo di divinità dal carattere eroico. Le conchiglie hanno un loro specifico ruolo, al di fuori dei rituali religiosi collettivi, anche in occasione della chiamata dell’assemblea dei monaci al tempio, effettuata di norma sulla terrazza del tempio o in luoghi elevati così da essere facilmente uditi dall’intera comunità.

Nel corso dei rituali che si svolgono all’interno del tempio (gompa) i monaci si dispongono sui differenti seggi sulla base dell’anzianità di ordinazione, secondo una gerarchia spaziale che va dall’immagine centrale del buddha Tonpa Shenrab - posta nel fondo del tempio - in direzione della porta d’ingresso, nonché dal corridoio centrale del tempio - che collega la porta principale alla statua del Buddha - verso i lati. Tradizionalmente nei primi seggi più prossimi all’immagine del Buddha e ai due seggi elevati per l’abate del monastero (khenpo) and per la guida spirituale principale (lopon) prendono posto i maestri del rituale, ciascuno dei quali ha di fronte a sé un tamburo a due facce sospeso. Su queste stesse file, parallele ai lati del corridoio centrale, prendono posto i monaci musicisti, ad eccezione dei suonatori delle trombe metalliche, note come dung chen, collocati invece, di norma, nei seggi più distanti dal centro del tempio.

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